cioccolata. Il cioccolato è un esempio emblematico di come sia importante osservare quanto riportato sulle etichette. Da Marzo 2000 l'Unione Europea ha reso possibile l'introduzione di grassi vegetali diversi dal burro di cacao (sino al 5% del peso totale) per la produzione del cioccolato.
Stearina, burro di karitè, burro di cocum, nocciolo di mango o olio di palma possono essere usati in sostituzione (nel limite percentuale stabilito) del burro di cacao; questi grassi sono meno  costosi del burro di cacao, ma anche meno pregiati. Se consideriamo inoltre che i  produttori di burro di cacao sono paesi poveri, vediamo che essi vengono penalizzati dalla direttiva dell'Unione Europea: l'esportazione del burro di cacao infatti rappresenta una fetta considerevole del PIL di paesi come il Ghana, la costa d’Avorio e il Camerun.


Questa direttiva comunitaria è nata nel 1973, all'epoca dell'adesione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito, alla Comunità Economica Europea; infatti questi paesi avevano leggi che consentivano sin dal 1950 l'utilizzo di prodotti alimentari diversi dal burro di cacao nella produzione di cioccolato. La direttiva li ha perciò esentati dal conformarsi alle tradizioni alimentari degli altri stati membri europei, che invece fissano ad una soglia minima del 19% la quantità di burro di cacao da usare nel cioccolato. Successivamente, a quei tre paesi si sono aggiunti anche Finlandia, Austria, Portogallo e Svezia (nazioni abituate ad avere un cioccolato di minor qualità) creando così una disparità nel mercato interno tra chi, sotto il nome ufficiale di cioccolato, usava quantità diverse di burro di cacao.

Ricordiamo infatti che ai tempi del trattato di Maastricht (febbraio 1992), otto stati dell'Unione: Belgio, Lussemburgo, Francia, Italia, grecia, Germania, Olanda e Spagna, non consentivano l'uso di grassi vegetali diversi dal burro di cacao.

Dall’agosto 2003, con l’entrata in vigore nel nostro paese del decreto legislativo (n. 178 del 12 giugno 2003) la produzione delle aziende italiane, sia industriali sia artigiane, ha introdotto la dizione alla parola cioccolato per indicare la mancanza di grassi estranei al burro di cacao.
Questa intricata vicenda, purtroppo, non è ancora terminata in quanto Bruxelles potrebbe aprire una procedura di infrazione per violazioni al “principio di libera circolazione delle merci nell’Unione; in questi ultimi anni si sta tuttavia tentando un nuovo approccio e cioè chiedere l’istituzione di una tutela per il cioccolato SGT, Specialità Tradizionale Garantita. Vedremo come proseguirà questo braccio di ferro, è quindi importante ricordare di aguzzare la vista e valutare attentamente le informazioni riportate sulle etichette delle confezioni.

Ecco un piccolo promemoria delle informazioni che ci dobbiamo aspettare sull'etichetta per assicurarci di non acquistare cioccolato contenente altri grassi di minor qualità:

Ingredienti:
devono essere riportate tutte le sostanze introdotte nella lavorazione.
Cioccolato puro: questa dizione indica che il cioccolato non contiene il 5% di grassi vegetali diversi dal burro di cacao; il termine “puro” è la voce facoltativa introdotta in Italia.
Percentuale di cacao: il risultato della somma della sostanza secca ottenuta dalla massa di cacao con il burro di cacao (dato obbligatorio tranne che per il cioccolato bianco.


Ringraziamo per questa notizia

Paolo Sereno
14 Aprile 2009

 

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